Tribunale di Padova Sentenza 20.07.2021 – Da un saldo debitore di - € 40.562,67 ad uno creditore di + € 39.382,29 – Il riconoscimento di debito non preclude l’accertamento delle nullità del conto – Anatocismo illegittimo anche successivamente alla deliber

Con la Sentenza del 20.07.2021 il Tribunale di Padova ha deciso in ordine ad una opposizione a decreto ingiuntivo su conto corrente, spiegata con il patrocinio dell’ Avv. Alessio Orsini.

In primo luogo, la Banca ha tentato di superare le numerose contestazioni valendosi del riconoscimento di debito che, il correntista aveva sottoscritto unitamente ad un piano di rientro.

Sennonché, il Tribunale ha ribadito un consolidato principio di Legittimità, per il quale, “in tema di conto corrente bancario, il piano di rientro concordato tra la banca ed il cliente, ove abbia natura meramente ricognitiva del debito, non ne determina l'estinzione, né lo sostituisce con nuove obbligazioni, sicché resta valida ed efficace la successiva contestazione della nullità delle clausole negoziali preesistenti”.

Nel merito, oltre ad affermare la non debenza di interessi, oneri, commissioni, spese e c.d. gioco valute, non pattuiti in forma scritta, ha ribadito, in punto di anatocismo, come esso sia illegittimo non solo in data anteriore alla delibera cicr del 09.02.2000, ma anche in data successiva, nella misura in cui non sia stato oggetto di adeguamento contrattuale ai sensi dell’art. 7 co. 3 della citata delibera cicr.

Oltre a ciò, ne ha stabilito il divieto assoluto anche a decorrere dal 01.01.2014, a seguito della modifica del testo dell’art. 120 TUB.

In punto di usura, il Tribunale ha correttamente rilevato come il superamento dei tassi soglia che venga accertato in corso di rapporto e che dipenda dalle variazioni disposte unilateralmente dalla Banca in forza dell’esercizio dello ius variandi, equivalga a usura originaria, ossia contrattuale.

Da ciò ne consegue che ,“nel ricalcolo del saldo del conto corrente andranno azzerati tutti gli interessi passivi, le commissione e le spese applicati dalla banca, stante il disposto dell’art. 1815, comma 2, c.c.”.

In corso di causa, il correntista era già riuscito ad ottenere un provvedimento d’urgenza, reso nelle forme di cui all’art. 700 c.c.p., con il quale venne disposta l’immediata cancellazione della sofferenza alla Centrale Rischi della Banca D’Italia.

Nella Sentenza, oltre ad essere stata confermata l’illegittimità della segnalazione, è stata accolta la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale.

Il Tribunale ha ritenuto dimostrato il lamentato danno alla reputazione e lo ha liquidato secondo criteri equitativi.

Per ciò che poi concerne le spese di lite, correttamente il Tribunale ha condannato la Banca a rifondere non solo quelle per il CTU e di avvocato, ma anche quella sostenuto per il consulente tecnico di parte.

 

- Tribunale di Ascoli Piceno Sentenza n. 497 del 01.07.2021 – Banca condannata per lite temeraria – Revoca integrale del decreto ingiuntivo a seguito di omologa del piano del consumatore – Usura estinzione anticipata art. 1815 II° co. c.c. – Esdebitazione

Con la Sentenza del 01.07.2021 il Tribunale di Ascoli Piceno ha espresso importanti principi a tutela dell’utente bancario.

Il caso di specie desta particolare interesse poiché il soggetto ingiunto dalla Banca, precedentemente alla notifica del decreto ingiuntivo, aveva presentato il piano del consumatore, ai sensi della L. n. 3 del 2012, che poi venne omologato.

Nel relativo procedimento, parimenti seguito dall’ Avv. Alessio Orsini, si era rilevato come la Banca in questione avesse nel tempo concesso finanziamenti chirografari in successione e così facendo la quota capitale non veniva mai rimborsata, trovandosi in sostanza a pagare solo interessi.

Come noto, infatti, utilizzando un piano di ammortamento alla francese, le rate iniziali sono composte per lo più da interessi e da pochissimo capitale.

Per tali ragioni alla Banca era stata offerta la somma di € 100,00 a fronte di oltre € 11.000,00 di credito, che venne omologata dal Tribunale.

Alla luce di quanto sopra, il Tribunale ha preliminarmente osservato come “L’esito della procedura, se favorevolmente concluso, determina che i crediti oggetto della stessa vengono rinegoziati dalle parti con l’intervento di apposito organismo e con l’omologazione del giudice” e quindi, “nessuna domanda può essere proposta dall’originario creditore nei confronti del soggetto che ha concluso con esito favorevole la procedura ex art. 6 della legge 3/12”.

L’accoglimento di tale motivo ha portato anche alla condanna della banca per lite temeraria, in quanto “Per le ragioni esposte in merito all’avvenuta regolamentazione dei rapporti tra le parti avvenuta con la procedura di sovraindebitamento, appaiono sussistere nel caso di specie i presupposti per l’applicazione della predetta normativa”, essendo rilevante, ai fini dell’art. 96 III° co. c.p.c.,  una “condotta oggettivamente valutabile alla stregua di abuso del processo, quale l’aver agito o resistito pretestuosamente”.

Per ciò che concerne il fideiussore, poiché gli effetti dell’omologa del piano non si riverberano nei confronti del garante, il Tribunale ha accolto l’opposizione per quella che era la contestazione in ordine al superamento dei tassi soglia.

In particolare è stata dedotta l’usurarietà delle pattuizioni economiche dei 4 mutui, considerando la commissione di estinzione anticipata.

A tal riguardo, il Tribunale ha osservato come “la valutazione del c.d. costo promesso, deve essere sempre effettuata ai fini della verifica del superamento del tasso soglia. Difatti, ai sensi dell’art. 644 c.p. si intendono usurari gli interessi, commissioni e spese che superino il limite stabilito dalla legge nel momento stesso in cui sono promessi, con particolare riferimento alla commissione di estinzione anticipata prevista nei contratti di finanziamento.

Premesso ciò, dalle risultanze della c.t.u. è emerso che se si considera nel calcolo utile ai fini della determinazione del tasso soglia il costo della estinzione anticipata del finanziamento l’opposta applicò dei tassi superiori a quello soglia previsto.

Il c.t.u. nell’elaborato peritale distingue due ipotesi: quella in cui nel calcolo viene escluso il computo del costo dell’estinzione anticipata e quello in cui detto costo non viene computato”.

In ragione di quanto sopra, “deve essere applicato il calcolo che prevede il costo dell’estinzione anticipata con ogni conseguenza in ordine alla individuata usurarietà dei tassi applicati dalla banca opposta.

Secondo il c.t.u., alla luce del ricalcolo dei conteggi eseguiti oggetto del presente giudizio, sussiste un saldo attivo in favore dell’obbligato principale per tutti i contratti di finanziamento e per il rapporto di conto corrente”.

In ragione di un saldo positivo ovviamente il decreto ingiuntivo è stato revocato anche nei confronti del fideiussore.

- Tribunale di Macerata Sentenza 26.03.2021 - Nullità mutuo fondiario di € 1.000.000,00.

Con la Sentenza in commento il Tribunale di Macerata seguendo il solco tracciato dalla più recente giurisprudenza di Legittimità, ha dichiarato la nullità di un mutuo fondiario di ben un milione di Euro in ragione del superamento del limite di finanziabilità.

Si segnala, in particolare, il principio per il quale, “ai fini del calcolo del superamento del predetto limite, occorre sommare all'importo erogato col contratto di mutuo oggetto del giudizio il solo capitale residuo alla data di stipula del nuovo contratto (al netto dagli interessi: cfr. Cass. n. 17439 del 28.6.2019) dei finanziamenti pregressi garantiti da ipoteca sugli stessi beni”.

Pertanto, ribadito come il limite di finanziabilità sia elemento essenziale del contratto fondiario e che la sua violazione determina la violazione di norma imperativa, nel caso di specie ne è stata dichiarata la nullità.

- Tribunale di Rimini Sentenza del 23.02.2021 – Revoca integrale del decreto ingiuntivo di € 109.417,09 - Carenza legittimazione passiva degli ingiunti per rinuncia all’eredità.

Il Tribunale di Rimini, decidendo su una opposizione a decreto ingiuntivo spiegata dall’ Avv. Alessio Orsini nei confronti di una Banca, ha revocato integralmente il decreto ingiuntivo di € 109.417,09.

Difatti, a fronte della rinuncia all’eredità, la banca avrebbe dovuto effettuare le opportune verifiche, a nulla rilevando eccepire che i chiamati all’eredità sarebbero stati in possesso dei beni ereditari.

Difatti, la norma di cui all’art. 485 c.c., “va interpretata nel senso di porre un limite alla facoltà di rinuncia all’eredità da parte di chi si trovi nel possesso dei beni ereditari senza dar luogo all’inventario mentre non si rinviene nel dato letterale della norma l’imposizione di un onere che il chiamato debba in ogni caso assolvere per poter esercitare la facoltà di rinuncia anche nel ristretto termine di tre mesi dall’apertura della successione”.

Pertanto, “deve ritenersi che la ratio della norma sia quella di porre rimedio ad una inerzia del chiamato (inerzia che non viene ritenuta dal legislatore “irragionevole” se contenuta nel termine di 3 mesi), esigenza che non sussiste nei casi in cui il chiamato, entro tale breve termine, eserciti la facoltà di rinuncia“”.

- Tribunale di Roma – Ordinanza del 22.02.2021 di cancellazione illegittima segnalazione a sofferenza – Ricorso d’urgenza ex art. 700 c.p.c..

L’ordinanza in commento, del 22.01.2021, ottenuta a seguito di ricorso d’urgenza proposto innanzi al Tribunale di Roma con il patrocinio dell’ Avv. Alessio Orsini, ribadisce importanti principi a presidio dell’utente bancario che si veda illegittimamente segnalato a sofferenza presso la Centrale Rischi della Banca D’Italia.

Il Tribunale, infatti, dopo aver dichiarato l’ammissibilità del ricorso, ha richiamato la normativa di settore ed i principi espressi dalla giurisprudenza di merito e di legittimità in ordine allo stato d’insolvenza che non può essere presunto, ma valutato sulla scorta di elementi oggettivi, ossia, “deve riguardare, esemplificativamente, la capacità di produzione del reddito e la sussistenza di liquidità, l’esistenza di debiti con altri istituti di credito, altre segnalazioni alla Centrale rischi, contenzioni esecutivi in atto e, più in generale, “uno squilibrio tra i mezzi a disposizione del debitore e la consistenza debitoria da coprire””.

Nel caso di specie, la banca ha omesso qualsivoglia valutazione sullo stato d’insolvenza che, peraltro, non sussiste, in quanto la società ricorrente ha dimostrato di poter onorare regolarmente il pagamento di ben due contratti di mutuo.

Ed allora, “La Banca resistente avrebbe ben potuto conoscere le predette circostanze, svolgendo, altresì, indagini facilmente disponibili per un istituto di credito (quali, ad esempio, visure protesti, visure catastali) e avrebbe dovuto adeguatamente valutare tali elementi prima di procedere a una segnalazione di sofferenza alla Centrale dei Rischi, considerata la notevole potenzialità dannosa che da questa ne deriva per l’immagine commerciale del debitore e per il rischio di chiusura dei canali di credito”.

Importante, poi, come sia stato rilevato che, “il credito oggetto di segnalazione a sofferenza risulta contestato nel suo ammontare sin dal 2017, avendo la ricorrente più volte richiesto all’istituto di credito il riconteggio del saldo del conto corrente al fine di eliminare eventuali addebiti illegittimi, trattandosi di un rapporto contrattuale instaurato prima del 2000 e, dunque, a rischio di applicazione di illegittimi interessi anatocistici. Risulta, inoltre, avviato un procedimento di mediazione, conclusosi tuttavia con esito negativo”.

In ragione di ciò, infatti, il Tribunale, ha rilevato come, “deve rammentarsi che non può essere ritenuta lecita la segnalazione di un credito contestato (cd. credito litigioso), qualora la contestazione abbia i caratteri della non manifesta infondatezza e quando siffatta contestazione sia alla base del rifiuto del cliente (riconducibile giuridicamente alla cd. autotutela di cui all’art. 1460 c.c.) di adempiere alla obbligazione pecuniaria oggetto di segnalazione (Trib. Pescara, 21.12.2006)”.

In punto di periculum in mora, oltre a rilevare in termini generali che, “la segnalazione alla Centrale dei Rischi può risultare ostativa all’accesso al credito da parte del soggetto segnalato, essendo facilmente conoscibile da parte di tutto il ceto bancario. Una segnalazione effettuata in assenza dei presupposti previsti dalla legge può, pertanto, cagionare danni difficilmente risarcibili per equivalente”, in ragione dello stato emergenziale dovuto alla pandemia, osserva altresì che, “Del pari rilevante è il rischio per la società di vedersi revocate, o comunque non prorogate, le misure emergenziali di cui beneficia allo stato attuale (introdotte dal D.L. n. 18/2020 e successivamente prorogate); ciò appare verosimile anche considerando che la richiesta di chiarimenti (avanzata per evitare una classificazione creditizia peggiorativa della sua posizione), relativi alla nuova segnalazione nella Centrale dei Rischi, proviene proprio dall’Istituto di credito con cui la ricorrente intratteneva il rapporto oggetto di moratoria (e che tale sospensione fosse in corso al momento della segnalazione si evince dallo stesso prospetto della C.R. versato in atti, doc. 35)”.

 

- Procura della Repubblica– Provvedimento di rettifica del 20.02.2021 di “Sospensione delle procedure di esecuzione forzata a seguito di istanza ex art. 20 comma 7, L. N. 44/1999”

A seguito dell’emissione del provvedimento di sospensione delle procedure esecutive ex art. 20 L. 44/99, l’ Avv. Alessio Orsini chiedeva al PM di voler integrare il provvedimento, specificando che la data di sospensione delle procedure fosse di due anni e non di 300 giorni, nonché espressamente concedendo anche gli ulteriori benefici inerenti la proroga degli adempimenti amministrativi e fiscali, nonché la sospensione dei termini legali.

In accoglimento di tale istanza, con provvedimento del 20.02.2021, il PM disponeva:

- La proroga di anni 2 dei termini degli adempimenti amministrativi e per il pagamento dei ratei dei mutui bancari e ipotecari, nonché di ogni altro atto avente efficacia esecutiva;

- La proroga di 3 anni dei termini di scadenza degli adempimenti fiscali;

- La sospensione per anni 2 dei termini di prescrizione e quelli perentori, legali e convenzionali, sostanziali e processuali, comportanti decadenze da qualsiasi diritto, azione ed eccezione;

- La sospensione, per la durata di anni due, dell’esecuzione dei provvedimenti di rilascio di immobili e i termini relativi a processi esecutivi mobiliari ed immobiliari, ivi comprese le vendite e le assegnazioni forzate”.

- Tribunale di Ascoli Piceno ordinanza 12.02.2021 – Rigetto richiesta provvisoria esecuzione – Prestito al consumo

Il caso di specie tratta una questione di particolare rilievo per i consumatori che, abbiano effettuato un acquisto di prodotti in vendita presso un esercizio commerciale mediante, un finanziamento.

In particolare, si è contestato che, oltre allo specifico finanziamento per l’acquisto del prodotto, la società finanziaria abbia fatto accendere anche una carta revolving, senza però predeterminare in forma scritta le condizioni del credito.

Il Tribunale, ha quindi recepito le doglianze dell’opponente ed ha ritenuto di non concedere la provvisoria esecuzione al decreto ingiuntivo in quanto, “considerato che il contratto posto a base del ricorso monitorio è riferito essenzialmente al prestito per l’acquisto di una lavatrice già onorato, mentre solo una clausola in calce, non specificamente sottoscritta, dà conto della mera possibilità che Agos concedesse un ulteriore finanziamento su carta di credito (le condizioni applicate al rapporto di finanziamento, anche ove effettivamente svoltosi, dovrebbero dunque essere vagliate con eventuale c.t.u. per il ricalcolo del saldo)”.

- Procura della Repubblica – Provvedimento del 11.02.2021 di “Sospensione delle procedure di esecuzione forzata a seguito di istanza ex art. 20 comma 7, L. N. 44/1999”

La Procura della Repubblica, applicando scrupolosamente la normativa inerente le provvidenze pubbliche premiali in favore di chi denunci fatti di usura e/o estorsione, riconosce che, sussistendo i presupposti di Legge, il PM è tenuto a concedere la sospensione dei termini ex art. 20 L. 44/99, previa verifica: a) della richiesta alla Prefettura, dell’erogazione del mutuo (usura) e/o dell’elargizione (estorsione); b) dell’elenco delle procedure esecutive in corso; c) della possibilità di ritenere che la domanda di sospensione sia ricollegata ai fatti denunciati.

- Tribunale di Rimini ordinanza 02.02.2021 sospensione titolo esecutivo (mutuo).

Il Tribunale di Rimini, a fronte delle numerose contestazioni spiegate in sede di opposizione all’esecuzione ex art. 615 I° co. c.p.c. che, “potenzialmente appaiono idonee a paralizzare l’efficacia del titolo medesimo”, dispone la sospensione dell’efficacia esecutiva del mutuo.

In particolare, si segnala come, la mancata produzione del titolo esecutivo, ossia del mutuo, ricada quale conseguenza negativa a sfavore del precettante, in questo caso della Banca.

- Tribunale di Ascoli Piceno Sentenza n. 64 del 28.01.2021 – Revoca integrale del decreto ingiuntivo € 1.460.646,11 – Decadenza fideiussioni specifiche

Il presente caso concerne l’opposizione a decreto ingiuntivo emesso e notificato a 4 fideiussori di una società di capitali, con cui veniva intimato il pagamento di € 1.460.646,11.

Il Tribunale, nell’accogliere l’opposizione, revocando integralmente il decreto ingiuntivo ha espresso importanti principi a presidio dei fideiussori.

In particolare, ha dichiarato come, a fronte dell’eccezione di decadenza ex art. 1957 c.c., “L’unica istanza utile astrattamente ad impedire la decadenza coincide con il ricorso monitorio depositato del 25 ottobre 2018”, non valendo quindi a tal fine la semplice diffida di pagamento.

Altro importante principio recepito in Sentenza, è quello per cui, “E’ infondata la tesi di parte opposta secondo cui non vi è la necessità dell’istanza ex art. 1957 c.c. in quanto il contratto concluso è qualificabile come contratto autonomo di garanzia (sulla applicabilità dell’art. 1957 c.c. al contratto autonomo di garanzia in caso di espressa pattuizione, Cassazione n. 2762/2015; sulla sufficienza, in tal caso, della richiesta stragiudiziale Cassazione n. 22346/2017)”.

Inoltre, stante l’accessorietà della garanzia rispetto all’obbligazione principale, la stessa non può essere qualificata come contratto autonomo di garanzia.

Infine, “non essendo la clausola di pagamento "a prima richiesta" incompatibile con l'applicazione dell'art. 1957 c.c., spetta al giudice di merito accertare la volontà in concreto manifestata dalle parti con la sua stipulazione (Cassazione n. 16825/2016)”.

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